venerdì 2 maggio 2014

PRIMO MAGGIO 2014

PRIMO MAGGIO 2014


Primo maggio 2014, festa dei lavoratori. Cioè di quelli che hanno una occupazione  più o meno stabile che permette alla famiglia di sopravvivere evitando gli sprechi degli anni passati. Ma il primo maggio 2014 assiste anche al fenomeno crescente della funzione non lavorativa ( non di spontanea volontà) di molte persone abituate a vivere con un decente reddito mensile, mentre ora, con la perdita del lavoro vivono in uno stato di povertà materiale che coinvolge anche la realtà dell’andazzo quotidiano. Stiamo parlando di persone che non vanno in ufficio col Mercedes, ma col tram, col motorino ed anche con la bici. Una vecchia canzone recita “chi non lavora non fa all’amore”. Ma son solo canzonette. Il padre di famiglia che non lavora coinvolge tutto l’apparato familiare creando uno scompiglio dal quale è difficile evadere. Volutamente non voglio parlare di dramma sociale perché sono un credente in Dio e nella bontà dell’uomo e spero che al più presto questo stato di cose indegno per una società cosiddetta civile trovi adeguata soluzione. In termine tecnico dovremmo parlare di “equa ripartizione del reddito pubblico”, ma più semplicemente, in questo ultimi tempi, bisogna parlare di sopravvivenza. “Astrignimmo ‘a curreja!!!”, stringiamo la cinghia per sopravvivere all’effetto pratico di una cattiva gestione del reddito pubblico o, per meglio dire, delle potenziali ricchezze del paese. Se in uno stato ci sta gente (onesta o meno) che vive con un reddito di ventimila euro mensili, mentre altri si devono accontentare di un lavoro in nero talvolta anche con meno di cinquecento euro al mese, significa semplicemente che il sistema di gestione della cosa pubblica è sbagliato ed ha bisogno di notevoli emendamenti e coraggiosi cambiamenti. Assicurare il pane al popolo è dovere di tutti i politici e quando questo non avviene significa che qualcosa non funziona, sia dal punto di vista tecnico-organizzativo che dal punto di vista umano, sociale, politico, etico. Quando la politica diventa spettacolo televisivo, talvolta con un frasario da bettola, significa che la situazione non è più sotto controllo. I drammi familiari, promossi e coadiuvati da certa faziosa informazione, non servono come esempio per fare meglio, ma solo per il brodo acido, quasi in putrefazione, dell’informazione. Quando la politica si mescola con lo sport, la deformazione dell’informazione, il gossip televisivo atto solo a fare “audience”, allora ci viene la voglia che i migliori programmi la televisione li trasmette quando è spenta. Stiamo in democrazia… Ma questo dovrebbe essere un incentivo ad operare meglio all’ombra del diritto romano. Il I° maggio è la festa dei lavoratori. Ed i disoccupati???


Catello Nastro

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