lunedì 28 febbraio 2011

MAI PIU' SOLI

MAI PIU’ SOLI
n.2 del 27.02.2011

Leggevo, tempo fa, non ricordo dove, una frase sulla solitudine che così recitava: “ Si può essere soli in mezzo a mille persone, ma si può anche essere in compagnia con un buon libro.” Fino a che punto questo enunciato possa essere valido mi è sempre riuscito difficile spiegare. Quando insegnavo in Piemonte, mi capitò di visitare una casa di risposo per anziani benestanti addirittura in un castello tutto rimesso e restaurato. Una residenza per la terza età veramente all’avanguardia e con tutti i conforti che persone che non potevano, (o non volevano più tenere i figli) restare a casa loro come si faceva nella vecchia civiltà contadina. Naturalmente non solo cilentana ma anche piemontese. Ne ebbi conferma quando arrivò una coppia di sposi giovani in compagnia di due figlioletti in età prescolare. I volti dei vecchietti si illuminarono, li fissavano, li guardavano con attenzione, quasi con invidia verso i nonni che non conoscevano neppure. Cercavano di salutare, magari egoisticamente per ottenere un sorriso che i bambini, forse più altruisti di taluni figli sposati o meno, elargivano a destra ed a manca. Nelle grandi città i genitori, diciamolo apertamente, non sono più sopportati in casa. Molti li mandano a svernare sulla Riviera Ligure, in apposite strutture ricettive, i più fortunati in una villa o anche in un miniappartamento, con lo scopo di godere di più della primavera e dell’autunno che nelle regioni del nord durano pochi giorni e , se va male, sono anche sconosciute. Molti vivono nelle case di riposo delle città, altri in una piccola mansarda in libertà ma anche con molti disagi, altri in comunità religiose, altri ancora in strutture delle periferie. Quando una città diventa multietnica e multirazziale si ha un certo arricchimento culturale, ma si creano anche molti intoppi per i fruitori dei servizi appartenenti a classi sociali meno abbienti. Se dovessimo fare dei grafici con relative percentuali senza dubbio troveremmo ai primi posti le regioni industrializzate del nord dove il lavoro, sia autonomo che dipendente, occupa la maggior parte della gente ancora in età lavorativa. Nell’antica civiltà contadina, al contrario, sia al sud che al nord, questo non avveniva e il nonnetto rimaneva in casa fino a che campava. Negli anni ’70, dopo e durante il “boom economico”, quelli che facevano più pena erano sì gli anziani in genere, ma gli anziani meridionali. Se l’anziano in genere veniva, in taluni casi, emarginato dalle istituzioni, l’anziano immigrato non solo veniva emarginato dalle istituzioni, ma anche dalla società. Molto spesso vecchi pensionati venivano bistrattati ai mercatini rionali, non gli si cedeva il posto a sedere sui tram, addirittura venivano allontanati anche dai locali pubblici. Erano i tempi dei “non si fitta ai meridionali” oppure “vietato l’ingresso ai cani ed ai meridionali. Adesso la situazione è cambiata, ma quegli anni io li ho vissuti in Piemonte ed ho sopportato anche mortificazioni di stampo chiaramente razzista. Ma ritorniamo agli anziani. Un’alternativa, oggigiorno, viene data dalle cosiddette “badanti”. Signore per la maggior parte dell’Europa dell’Est che vengono a sbarcare il lunario nei paesi più ricchi. Certamente non rappresentano il massimo, ma solamente un palliativo alla solitudine. Nel 1987, viene presentato e protocollato al comune di Agropoli, un progetto indicativo per l’istituzione, nella città capoluogo del Cilento, di un centro incontri polivalente. Ma fino al 1992 i politici di allora, “in tutt’altre faccende affaccendati”, non se ne curarono proprio. Ma il primo germe era nell’aria. Una prima struttura di centro sociale vedeva la luce anche nella nostra cittadina. Oggi il “Centro Sociale Polivalente della Città di Agropoli” rappresenta una grossa realtà per il territorio e già funge da esempio per altri comuni del Cilento. Gli anziani di Agropoli non stanno più soli. Possono frequentare la sede di mattina e di sera, possono partecipare al gioco delle carte, alla partita a dama o agli scacchi, possono dialogare tra di loro, ci sta una sala di conversazione per le signore che funge anche da sala medica, biblioteca e sala musica. Ci sta, all’ingresso, una sala mostre che funge anche da sala riunioni culturali, conferenze, dibattiti, presentazioni di libri, di poeti e di scrittori. Adesso lo spazio non basta più e si va alla Ludoteca delle scuole elementari che si trova proprio di fronte al centro sociale. Tutte le domeniche si va a ballare assieme in una sala pubblica ove gli arzilli ballerini possono anche mangiare una buona pizza ad un prezzo…accessibile anche ai pensionati. Ci sono inoltre spettacoli, gite, gruppi, scambi con altre associazioni del territorio. Insomma ad Agropoli, grazie anche a questa struttura gli anziani hanno la possibilità, se lo vogliono, di stare in buona compagnia. Mai più soli, dicevamo. Ma la generazione dei nati dopo il ’60, essendo stata la vera e propria protagonista della trasformazione della nostra città da centro contadino e marinaro a centro in forte espansione con chiara vocazione turistica, ha causato un nuovo fenomeno sociale che sta assumendo, in questi ultimi tempi, delle proporzioni gigantesche e dei risultati devastanti. I bambini vengo abbandonati per intere giornate davanti alla televisione per assistere a dei programmi insulsi, stupidi, violenti e volgari. Non vengono controllati se vanno a scuola e la loro presenza, a frotte, si nota, senza che nessuno prenda i dovuti provvedimenti, al porto, a Trentova, sul Litorale S.Marco, nel centro storico ed addirittura in piazza Garibaldi. Ne va da se che spesso il gruppo inadempiente agli obblighi scolastici, contaminato dalla presenza di un “capo” si trasforma in “branco”, con atti di vero e proprio vandalismo, sovente gratuito, teppismo verso il patrimonio e verso i simili, microcriminalità, eccetera. Credete che stia esagerando. Controllate i telefoni pubblici, i distributori di biglietti per il parcheggio auto, i muri della città, le panchine, i vasi di fiori per le strade del paese, l’immondizia causata da improvvisati bivacchi con bottiglie di vetro abbandonate dappertutto. Di chi è la colpa? Degli amministratori? Dei professori? Dei genitori? Degli studenti? Un poco di tutti, certamente. Ma tralasciamo i giovani, in molti casi abbandonati a se stessi, per parlare dei bambini e dei ragazzi fino ai dieci anni: Quelli dell’asilo e delle elementari, per intenderci. Va innanzitutto detto che l’asilo e le elementari ed in buona parte anche le scuole medie, sono il fiore all’occhiello della pubblica istruzione nel nostro paese. Tengo una nipotina che frequenta l’asilo di Via S. Francesco, usufruisce della refezione e del pomeriggio a scuola. E’ contenta, anzi contentissima. Per lei andare all’asilo ogni mattina è diventata una cosa normalissima e quando deve restare a casa per qualche raffreddore non si sente più a suo agio. Le tecnologie d’insegnamento sono all’avanguardia, le maestre preparate e selezionate da seri concorsi, seguite dall’amministrazione comunale e controllate da chi preposto. Questi bambini saranno i genitori del domani ed i nonni del dopodomani. Se avranno l’opportunità di fare una buona “partenza”, faranno senza dubbio anche un ottimo arrivo…Seguire i bambini, e poi i ragazzi, e poi i giovani, e poi gli… anziani diventa un itinerario facile se si parte in una situazione ottimale e se si riesce a controllare il percorso. Ricordo, ai miei tempi, oltre mezzo secolo fa, che alla quinta elementare ci portavano a fare la gita a piedi a Trentova, alle Scuole Medie ci portavano in autobus a Paestum, al Ginnasio si andava a visitare Velia, o Pompei, o Salerno, e solo al Liceo Classico si visitava e si poteva anche brevemente sorpassare la città di Napoli. Noi arrivammo a Cuma, ricordo. Oggi la scuola è cambiata, nella struttura, senza dubbio alcuno, in meglio. Anche la qualità della vita è cambiata. Ma sono pure cambiate le esigenze che se hanno risolto annosi problemi ne hanno pure creato altri che senza alcun dubbio non sono inferiore a quelli del secolo scorso. Fumo, droga, alcol, bullismo, violenza, vandalismo, sono fenomeni sociali negativi che proprio negli ultimi decenni hanno avuto una recrudescenza da far intervenire addirittura la forza pubblica davanti alle scuole. Se i giovani talvolta vengono abbandonati dalla scuola e dalle istituzioni, in molti casi vengono abbandonati dalla famiglia. L’indifferenza…Questa terribile parola riveste nella società contemporanea un ruolo di primo piano e di grande attenzione. Il bambino che viene lasciato a se stesso in casa, con la presenza ( o non-presenza) dei genitori, si sente in certo senso abbandonato, come un vecchio giocattolo di scarso interesse. Non parliamo poi di litigi e problemi vari della coppia. I risultati, nel tempo, potranno addirittura essere devastanti. Studi approfonditi nella fattispecie ne vengono fatti molti, ma ogni caso, a mio avviso, è un caso a se stante e come tale va studiato e vagliato da esperti del settore. L’essere umano, dal momento in cui viene concepito, deve essere seguito con amore e con affetto, dalla famiglia prima, dalla scuola poi, dalle istituzioni in seguito. La solitudine si combatte già negli albori della vita e più passa il tempo più diventa cruenta la lotta. I bambini e gli anziani, dopo i portatori di handicap ed i meno dotati, sono i più indifesi e proprio per questo devono avere le maggiori cure, mirate allo scopo, attente, oculate, perfezionate, inserite in un contesto sociale ampio che non tenga conto della condizione economica di ciascuno, della preparazione culturale, della capacità di socializzare. E’ bello, credetemi, dialogare con un novantenne, con un anziano extracomunitario, con un vecchio artista, con un pensionato, professionista o artigiano che sia, on un vecchio contadino o con un’antica signora che va ancora ogni settimana dal parrucchiere, e magari anche dall’estetista proprio perché ha ancora tanta gioia di vivere. Perché sente il bisogno di vivere: Non da sola in casa, ma inserita adeguatamente nella comunità civile. Sia essa un centro sociale, un’associazione onlus, una università della terza età, un’organizzazione benefica o di solidarietà, cattolica o laica che sia, una comunità di persone con omogenei interessi e comuni esigenza che amano il ballo, la partitina a carte, il cinema, il teatro, lo sport, le passeggiate nei boschi, la buona cucina di una volta, e perché no…anche il buon vino. Oggi tutte le amministrazioni comunali hanno a disposizione strutture di vario genere da consegnare ed adeguare alla fruizione della comunità civile. Più scuole e campi sportivi per i giovani, più associazioni e centro sociali per gli anziani, più possibilità di comunicare a vario livelli, più motivazioni per non restare mai più soli.

Catello Nastro

UN FENOMENO DEL TERZO MILLENNIO

Un fenomeno del terzo millennio
DEMOCRAZIA E CRISI POLITICA
n.1 del 27.02.2011

Certamente questo fenomeno internazionale era presente già nel millennio passato, ma oggi sta assumendo un aspetto ed una fisionomia più dettagliata, nei particolari, nei moventi, nei risultati finali. Oramai esso ha assunto un aspetto mondiale. Prima i paesi europei, poi quelli dell’America Latina ed infine quelli dell’Africa. L’Australia per il momento tace, l’Asia già sta dando segni di contestazione. Ma cosa ci può stare alla base di questi fenomeni internazionali? Quali sono le principali cause di questi eventi che spesso diventano luttuosi per morti e feriti? Quali sono i motivi scatenanti e quali possono essere i rimedi? Chi scrive conserva ancora la tessera di un partito politico italiano del 1958. Quasi mezzo secolo fa. Ma oggi non è tesserato con alcun partito. Per quale motivo? E’ semplice…Gli ideali politici hanno subito nel corso dei decenni, fortunatamente di regime democratico, da destra a sinistra, per cui un ultrasettantenne, che nel corso della sua esistenza ha avuto il piacere ( e l’onore) di stringere la mano a Giovanni Spadolini, Giorgio La Malfa, Guido Bodrato, Oscar Luigi Scalfaro, deputati e senatori di destra, di centro e di sinistra, non ci capisce più. Le nuove coalizioni, addirittura, lasciano la porta aperta per far uscire chi vuole uscire e far entrare chi vuole entrare. Anche senza autorizzazione, anche senza referenze, anche senza invito. E questo è il bello della democrazia. Potrà obbiettare, forse giustamente il lettore attento ma frettoloso. Questo “andirivieni” politico, se da un lato denota la libertà dell’uomo politico, dall’altro lato riempie lo stato di incertezze. Chi nello spazio di un decennio “naviga” su tre navi diverse, certamente non sa quale compagnia scegliere. Lo scetticismo nei paesi con radicata democrazia, come l’Italia, ad esempio, porta solo ad un dibattito verbale che talvolta sa di gossip televisivo, di spettacolo mediatico, di intervallo tra il serio ed il faceto. Sia ben chiaro che, come riporto oramai da anni, la peggiore delle democrazie è preferibile alla migliore delle dittature. In parole povere è meglio urlare (caso mai tutti assieme!!!) in democrazia che stare in riverente silenzio in dittatura. I miei coetanei ( sono un ultrasettantenne) possono meglio prendere in considerazione quanto da me asserito ed evidenziato in questo scritto, non come uomo politico o di parte, ma come uomo libero, o se preferite usare un termine di epoca passata di uomo qualunque. I miei idoli politici sono passati da destra a sinistra e da sinistra a destra come gli automobilisti ubriachi sull’autostrada. Lo spettacolo televisivo a carattere politico certamente fa audience, ma solo perché oramai la politica si è mescolata al varietà. E questo, per me, è senza dubbio un fatto positivo e non certamente negativo. Nei paesi a regime coatto, forzato, imposto con la milizia armata, senza tener conto delle esigenze essenziali, questa fase non vede la luce. La parola va alle armi e la rivolta incendia il paese con morti e feriti. Giunti a questo punto è evidente che quella che si chiama “Equa ripartizione del reddito pubblico” è caratteristica dei paesi moderati e non di quelli estremisti. La stessa rivolta della Grecia, in Europa, sembra aver trovato soluzione ottimale grazie anche all’intervento della comunità politica internazionale. E questo ci deve far riflettere su rapporto dare – avere a livello di paesi democratici nella comunità socio-politica nella quale viviamo ed operiamo, ciascuno secondo il proprio ruolo.

Catello Nastro