OVA
PENTE
Se domandate ad un giovane cosa
sono, non saprà rispondere. Qualche ottuagenario di origine contadina, ancora
legato ai vecchi ricordi, certamente potrà dare informazioni atte a valutare l’evoluzione
dell’uovo pasquale, oggi tanto di moda, di tutte le grandezze, qualità della
materia prima, cioè il cioccolato, la pomposità della confezione ed infine l’ultima
invenzione: la sorpresa. Pensate che molti bambini si fanno regalare dozzine di
uova pasquali siffatte, solo per la curiosità di scoprire la sorpresa che ci
sta dentro. Si va dal giocattolino di
plastica di pochi centesimi, al regalo più consistente come un anello d’oro o
un bracciale con brillanti. Naturalmente in questo caso si tratta di un
prodotto di prima qualità con una lussuosa e personalizzata confezione che
contiene un oggetto prezioso che può
benissimo superare i mille euro. Le “ova pente”, uova di gallina, anatra, di
tacchina o di papera venivano dapprima bollite per diventare uova sode, poi
asciugate e poi dipinte. Era un lavoro
che toccava quasi sempre al nonno che con colori vegetali nella maggior parte
dei casi, dipingeva l’uovo con fiori,
figure o segni ornamentali. Oggi questa usanza è quasi totalmente scomparsa. Al
supermercato si possono trovare di tutte le grandezze, di tutti i prezzi e di
ogni qualità. La confezione o il regalo o sorpresa contenuta all’interno dell’artistica
confezione fatta a stampa in serie poteva essere di varie specie. Anticamente
si poggiava l’uovo diritto su una tazzina o un piccolo recipiente di
rame e si metteva al centro della tavola. Di poi si sgusciava l’uovo buttando
il guscio nel letame da concimazione dei
campi e si divideva in tante parti quanto erano i ragazzi che vivevano nello
cascina o era ospiti da parenti o vicini per la festività Pasquale. In caso di
abbondanza di uova ne poteva anche toccare uno a testa. Sia il tuorlo che l’albume
(lu rrusso e lu gghianco) venavamo divorati quasi come un rito propiziatorio per la
primavera e per il resto dell’anno. Naturalmente le uova, appena uscite dall’ano
dei pennuti, venivano prima lavate ed asciugate. L’ultima volta che ho mangiato
”l’ova pente” sarà stato nel 1948 – 1950.
Catello
Nastro
agropolicultura.blogspot.com
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