domenica 31 marzo 2013

OVA PENTE - TRADIZIONI PASQUALI


OVA PENTE

Se domandate ad un giovane cosa sono, non saprà rispondere. Qualche ottuagenario di origine contadina, ancora legato ai vecchi ricordi, certamente potrà dare informazioni atte a valutare l’evoluzione dell’uovo pasquale, oggi tanto di moda, di tutte le grandezze, qualità della materia prima, cioè il cioccolato, la pomposità della confezione ed infine l’ultima invenzione: la sorpresa. Pensate che molti bambini si fanno regalare dozzine di uova pasquali siffatte, solo per la curiosità di scoprire la sorpresa che ci sta dentro.  Si va dal giocattolino di plastica di pochi centesimi, al regalo più consistente come un anello d’oro o un bracciale con brillanti. Naturalmente in questo caso si tratta di un prodotto di prima qualità con una lussuosa e personalizzata confezione che contiene un oggetto prezioso  che può benissimo superare i mille euro. Le “ova pente”, uova di gallina, anatra, di tacchina o di papera venivano dapprima bollite per diventare uova sode, poi asciugate e poi  dipinte. Era un lavoro che toccava quasi sempre al nonno che con colori vegetali nella maggior parte dei casi, dipingeva  l’uovo con fiori, figure o segni ornamentali. Oggi questa usanza è quasi totalmente scomparsa. Al supermercato si possono trovare di tutte le grandezze, di tutti i prezzi e di ogni qualità. La confezione o il regalo o sorpresa  contenuta all’interno dell’artistica confezione fatta a stampa in serie poteva essere di varie specie.  Anticamente  si poggiava l’uovo diritto su una tazzina o un piccolo recipiente di rame e si metteva al centro della tavola. Di poi si sgusciava l’uovo buttando il guscio  nel letame da concimazione dei campi e si divideva in tante parti quanto erano i ragazzi che vivevano nello cascina o era ospiti da parenti o vicini per la festività Pasquale. In caso di abbondanza di uova ne poteva anche toccare uno a testa. Sia il tuorlo che l’albume (lu rrusso e lu gghianco) venavamo divorati quasi come un rito propiziatorio  per  la primavera e per il resto dell’anno. Naturalmente le uova, appena uscite dall’ano dei pennuti, venivano prima lavate ed asciugate. L’ultima volta che ho mangiato ”l’ova pente” sarà stato nel 1948 – 1950.

Catello Nastro
agropolicultura.blogspot.com

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