mercoledì 16 ottobre 2013

divorzio polirico italiano

DIVORZIO POLITICO ITALIANO

Se ne parla da un bel po’ di tempo…  In clima di globalizzazione , di secessione, o, se vi piace chiamarla così, gestione politica differenziata ( come la raccolta dell’immondizia). Dopo l’Unità d’Italia, secessione o divisione tra nord e sud dello stivale. Ma l’unità di un paese è un processo irreversibile nel tempo. Si potrebbero ritrovare motivi e cause di reversibilità solo in caso di forti scompensi, di ordine politico, sociale o razziale. Ma questo problema, fortunatamente, non ci colpisce benché minimamente. Certamente molti lettori non saranno d’accordo con quanto sopra da me enunciato. E forse hanno ragione pure essi. Dopo secoli per unire, quattro giornate per dividere? Certamente nò. L’Italia è fatta: ora bisogna fare gli italiani. Essere riusciti a fare italiani provenienti dalle Americhe, dall’Asia e dall’Africa è un grosso merito. Nella scuola elementare di Agropoli non solo è stata eliminata la barriera di ordine sessuale ( i maschi a destra le femmine a sinistra) per non parlare addirittura di classi maschili e clessi femminile ed infine scuole per maschietti e scuola per femminucce. La mia classe delle elementari era composta da ben quarantadue alunni tutto maschietti. Solo la vecchia maestra, residuata dalla Prima Guerra Mondiale era donna, peraltro bigotta e zitella. Le classi femminile si trovavano in un altro edificio. Erano i primi passi dell’Italia, libera e repubblicana. Le devastazioni belliche risaltavano come monito per le generazioni future. La ripresa fu lenta. Nella scuola ci sono vissuto prima come alunno, poi come professore, poi come docente dei corsi abilitanti. Il rapporto alunni-docente era più di carattere sociale che culturale. Il processo educativo coinvolgeva la parte nozionistica solo in parte. Il ruolo rilevante lo aveva la preparazione alla vita. Proprio per questo, nella mia permanenza in Piemonte, insegnando, mi occupavo più di formazione ed inserimento in una società onesta e produttiva, che non della parte nozionistica vera e propria. Fatta questa lunga premessa passiamo all’argomento principe del tema. L’Italia del nord e l’Italia del sud potevano trovare ragion d’essere prima del discutibile incontro di Teano. Una federazione del nord Italia ed una del Sud avrebbero potuto favorire sia gli uni che gli altri. In una piena d autonoma gestione della cosa pubblica. Il nord non era la terra dei Marziani ed il Sud la terra degli Zompi. Non sto ad elencare le referenze socio-artistiche-culturali-imprenditoriali-creative e sociali  del meridione e del settentrione della Penisola, ma conoscenze storiche mettono in luce una società artistica, culturale, imprenditorial, tale da competere a livello europeo. In parole povere Napoli già nel 1600 dettava legge nell’industria, nel commercio, nell’arte, nella cultura, nella cantieristica navale, nell’istruzione, nell’architettura e nel livello di vita medio. Tutto questo, con l’incontro a Teano è stato non annullato, ma negativamente modificato. Un’analisi storica, procedendo al 700 ed all’ 800 potrebbe dimostrare che non raccontiamo frottole, ma eventi storici. Ritornare, in epoca di globalizzazione,  ai vecchi schemi regionalistici sarebbe assurdo. Oggi anche la camorra, la ‘nfìdrangheta e la mafia, hanno cambiato fisionomia. Il vecchio boss, venerato dal popolo e stimato dagli imprenditori, coordinava, in certo senso, le attività umane traendone un vntaggio finanziario forse minimo, ma con grande stima e grande dignità. Oggi una pistola nelle mani di un minorenne non ne fa un boss, ma solo un capo balordo. Il  gioco clandestino ed il traffico di stupefacenti hanno aperto nuove frontiere. Il vantaggio per la comunità cosiddetta civile non ci sta. Come pure non ci sta per l’economia del paese nel quali si applica tale sistema di gestione della cosa pubblica. Una scissione oggi sarebbe  dannosa per la comunità nazionale ed internazionale, L’Italia del Nord, del centro e del sud, hanno fatto una scelta: unificare. Dividere sarebbe un grosso dramma non solo per l’economia, ma anche per la storia. Gli eventi internazionali, infine, non consentono più tali assurde decisioni. L’Italia cammina in Europa e nel mondo. Pur non ritornando agli atavici sprechi a causa di una recessione quasi mondiale, bisogna ritornare ad una equa ripartizione del reddito pubblico, premiando chi lavora e produce di più, cercando di redimere i renitenti. Eutto questo per un mondo migliore per i nostri figli e per quelli che verranno: di qualsiasi razza, di qualsiasi credo politico o religioso, di qualsiasi provenienza  geografica.


Catello Nastro

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